PITTORE DEL DRAPPELLONE DEL 16 agosto 1982
Arturo Carmassi nasce a Lucca il 2 luglio 1925 si trasferisce da bambino con la famiglia a Torino, dove studia alla Scuola del paesaggio Fontanesi e per un breve periodo all'Accademia Albertina. All'inizio della sua attività afferma una posizione indipendente all'interno di un mondo (quello della città di Torino) fortemente influenzato dai movimenti neocubisti che negli anni dell'immediato dopoguerra erano prevalenti.
l suo talento viene riconosciuto immediatamente: dal 1946 al 1951 le sue opere pittoriche sono esposte nell’ambito di mostre nazionali ed internazionali organizzate a Torino e presso la Galleria “La Bussola”, anch’essa torinese. I giudizi dei critici d’arte sono assolutamente favorevoli, compreso quello di Luigi Carluccio, «personaggio chiave nell’ambito delle arti figurative italiane». In questo periodo il giovane Arturo ha anche la possibilità di conoscere e di confrontarsi con le più importanti correnti artistiche del tempo. Grazie alla Biennale di Venezia del 1948, in cui sono presenti opere di Impressionisti, Espressionisti tedeschi, di prestigiosi esponenti della Scuola di Parigi, del Cubismo e del Surrealismo, nonché «le ultime creazioni degli americani Gorky, Pollok, De Kooning, Clifford Still», presentate per la prima volta nel continente europeo, Carmassi amplia il suo orizzonte artistico e comprende quanto siano vicine al suo personale e isolato itinerario artistico le nuove tendenze “inaugurate” dagli esponenti della New York School.
Dopo il suo trasferimento a Milano nel 1952 (città in quel periodo molto colta e aperta alle influenze del mondo internazionale dell'arte) entra definitivamente in contatto con le avanguardie storiche in questo periodo sempre più le sue opere si evidenziano per il carattere informale con elementi surrealisti.
Il suo linguaggio del primo periodo è incentrato su una personale ricerca di astrazione formale. Alla fine degli anni sessanta come evidenzia Raffaele Carrieri il linguaggio espressivo di Carmassi cambia e recupera il dato oggettivo dell'immagine, un ritorno alla "rappresentazione del paesaggio e della figura" che un altro critico del periodo Andrea Alibrandi indica come figure e racconti dai rimandi letterari da cui traspare la sua comunanza con il surrealismo, di quel periodo è l'amicizia con Patrick Wallberg un poeta vicino ad André Breton. Il nuovo stile incentrato sulla ricerca di forme mitologiche e immagini evocative si modifica nuovamente e come nota tra gli altri Jean-Marie Drot, nell'ultimo decennio del XX secolo tende a diventare essenziale. Si è occupato durante tutta la sua carriera di pittura, scultura e incisione sperimentando tecniche diverse che vanno dal collage, alle sabbie agli oli, alle penne, all'uso di materiali non convenzionali come cera, cartone ondulato, catrame, mallo di noce, vecchie stoffe, legno di steccato. Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a Fucecchio.